La sfida
Zambon ha dovuto affrontare un caos contrattuale generato da e-mail, bozze Word, firme manuali e archivi fisici sparsi in tutto il mondo. Ogni accordo, dalla distribuzione, licenza, consulenza, studi clinici o marketing, richiedeva l’inserimento di clausole su farmacovigilanza, privacy, responsabilità 231 e cybersecurity. Cinque modelli standard non bastavano più a coprire le varianti di un portafoglio che cresceva con nuovi mercati e nuove molecole. Le funzioni tecniche intervenivano via e-mail, le scadenze venivano annotate in fogli Excel locali, con il rischio di perdere allegati o dimenticare rinnovi che aumentava a ogni passaggio. In un settore regolato come il Pharma, la lentezza e l’eterogeneità della carta esponevano l’azienda a costi occulti, possibili sanzioni e ritardi nell’avvio di progetti strategici. Serviva quindi trasformare il contratto da file statico in pratica digitale nativa, dotata di metadati, tracciabilità e valore probatorio, capace di ridurre i tempi di negoziazione e azzerare il rischio di non conformità.